Chist’è ‘o paese d’ ‘o sole,
chist’è ‘o paese d’ ‘o mare,
chist’è ‘o paese addó tutt’ ‘e pparole
só doce o só amare,
só sempe parole d’ammore!
Napoli, questa è.
Città degli opposti, dei controsensi, dei conflitti, delle antitesi.
Arroganza e disponibilità, cattiveria e bontà, ricchezza e povertà: caratteristiche culturali, biologiche, fisiologiche, prive del senso di colpa e del rimorso.
Bellezza, fascino, passione, calore, accoglienza, intelligenza, ricchezza, storia, arte, urla, musica, cibo, colore, mare.
Cosa mi porto a casa? Tutto.
Venerdì scorso Napoli mi ha regalato un’intera giornata nel suo cuore, da sola, senza connessione, senza cartine, io e le mie gambe.
Alle sette della mattina ero a Poggioreale, la quarta municipalità di Napoli: cimitero, carcere, mercato e centro direzionale. Non manca niente.
Il mercato Caramanico è il paradiso delle scarpe.
Il mercato è le donne del sud, brune, occhi scuri, che osano, che indossano tacchi alti, truccate, i vestiti scollati, eleganti, svolazzanti, rovistano tra i panni, trattano prezzi.
Il mercato è gli uomini del sud, sigaretta in bocca, scarpe di velluto rosso porpora, blu, nere, cinture di sicurezza della Panda ai manichini ché se sbattono si rovinano, addentano pizza e urlano, cantano, integrati perfettamente con indiani e africani: una mescola che solo Napoli può fare accadere.
Ad est, tra Via del Riposo e Via Santa Maria del Pianto, su un poggio, può sorgere solo il cimitero.
La vista dalla collina è di una meraviglia strabiliante: il Vesuvio.
Il vulcano sta a Napoli come la cioccolata sulle fragole, ne addolcisce ogni punto, ne esalta il gusto, domina, è il faro per i naviganti di mare e di terra, per i defunti la memoria.
Poggioreale è anche il carcere. Ne ho percorso tutto il perimetro. All’entrata della sezione colloqui c’era la coda e, tra i fumi di sigaretta, scorgo un uomo che portava una maglietta bianca con la scritta I’m a serial killer: la certezza della biologia partenopea.
Tutti conosciamo il significato delle decorazioni delle magliette che indossiamo, vero? Io me lo auguro, davvero. Ho visto t-shirt a Napoli che voi umani non potete neanche immaginare….(è una delle mie citazioni preferite seconda solo a Houston, abbiamo un problema!). Ho letto frasi motivazionali, spiritose, aforismi letterari conditi da una serie infinita di dita medie su materiale glitterato e specchiato quindi, ti prego, scegli le tue t-shirt consapevolmente, ti prego, perché c’è chi le legge e di te, leggendo, si plasma l’idea.
Al civico 168 di Via Nuova Poggioreale sorge la sezione di reclusione: il bis mi ha parecchio incuriosita. Non si tratta di un secondo civico, l’ho cercato ingenuamente, allude molto napoletaneamente all’art.168 bis del Codice di Procedura Civile con cui si designa il giudice istruttore di una causa civile…’sti napoletani, possiedono la dote della sdrammatizzazione sempre e ovunque: hanno tutta la mia invidia, sono leggeri consapevolmente, ironici nel dramma. Voglio essere napoletana!
Dietro il carcere il CDM, centro direzionale a grattacieli moderni pensato dal giapponese Kenzo Tange…bello, nuovo, di prestigio, un vero e proprio pugno in un occhio a conferma di una città fatta di contrasti.
Ho rivisto il Maschio Angioino, la Galleria Borbonica, il Castel dell’Ovo, il Gambrinus e fatto foto per Pier e Dani de ‘A Vucchella scritta dal Vate, una decina di chiese barocche e bla bla bla. Fred mi ha raccontato l’origine del nome Mergellina: il tufo degli scogli rendeva le acque gialle tanto da portare i francesi ad esclamare oh la mer jalllin, ‘sti francesi!
Da Mergellina in poi ho perso la bussola e camminato per chilometri, fatto scale, gradoni, raggiunto Piazza Vanvitelli: il vero punto di distacco tra la Napoli del popolo e quella della borghesia che si estende fino a Posillipo e Marechiaro, non meno colorata, non meno gustosa.
Erano circa 40 gradi, sudata all’inverosimile ma nutrita sotto tutti gli aspetti, vagavo per vie sconosciute e poco frequentate dove i bimbi giocano ancora a palla, dove il suono dei motorini rimbomba da perforare i timpani e dove le donne stendono i panni per strada.
Ho percorso di ritorno tutto il Vomero, Chiaia, Toledo, Piazza Dante, i decumani e Spaccanapoli tra il profumo di carta dei libri usati, de u’cuoppo, di pizza ma se tu mi chiedessi che odore ha Napoli, ti direi quello del profumo dei panni lavati, quell’essenza di fresco che inonda le strade e fa dimenticare i luoghi comuni e ogni contraddizione.
Vai a Napoli, nutriti delle sue bellezze, dei suoi controsensi. Scoprirai che i luoghi comuni non sono leggende, sono solo il contorno: il primo piatto è la meraviglia che incontri inaspettatamente per le strade, sta negli occhi divertiti dei bambini che ti salutano mentre ti centrano con la palla, sta nelle parole degli anziani che, seduti per strada, ti chiedono se ti sei persa e ti indicano la via, nella signora che ripone i fiori nel piccolo capitello e ti chiede se il profumo dell’ammorbidente ti piace perché ti sei fermata ad osservare e ad annusare la vita.
Lara